IN PURGATORIO

Il film è ispirato al culto del Purgatorio a Napoli. Tramite il racconto di un’erranza, di incontri, di storie vissute, di testimonianze, di sogni, di luoghi percorsi, è un’immersione in una questione che il culto rivolge. Noi dobbiamo sapere che siamo esistiti. L’anima del Purgatorio è un abitante di questo mondo. Il morto che non ha nome, che appare in sogno, che erra fra i vivi. Lo sconosciuto incrociato nella folla, il viso sulla foto di chi è scomparso. L’Altro. Uno degli altri, ognuno di noi. Io sono un abitante di questo mondo. Io sono uno degli altri.

Le film s’inspire du culte du purgatoire à Naples. C’est une errance faite de rencontres, de lieux sacrés, d’histoires vécues, de témoignages et de rêves, une immersion dans le questionnement immanent au culte ; nous devons savoir que nous avons existé.L’âme du purgatoire est un habitant de ce monde. Le mort anonyme, qui paraît en rêve et erre ainsi parmi les vivants ; l’inconnu croisé dans la foule ; le regard du défunt immortalisé en photo. L’Autre.L’un des autres, chacun de nous. Je suis un habitant de ce monde. Je suis l’un des autres.

Sinossi / Synopsis

IN PURGATORIO Poster

Premio del pubblico 50 Festival dei Popoli, Firenze, novembre 20
Premio Patrimoine de l’Immatériel, Cinéma du Réel, Parigi, aprile 2010
Premio FEMIS TITRA a Terra di Cinema, Tremblay, aprile 2010
Menzione speciale Premio Casa Rossa, Bellaria Film Festival, giugno 2010
In concorso al Salina Doc Festival, settembre 2010
In concorso ai DOC IT Professional award
Menzione speciale Memoria Visioni Fuori raccordo film festival, Roma, novembre 2010

 un film di Giovanni Cioni, 69 minuti, 2009,

produzione Teatri Uniti (Napoli) Zeugma Films (Parigi) Qwazi qWazi filM (Bruxelles)

il film è uscito in sala a Bruxelles (Flagey), aprile 2011, a Parigi (Cinéma La Clef) a febbraio 2012 per due mesi, a Firenze (Odeon) a ottobre 2012

L’edizione dvd italiana pubblicata da cinemaitaliano.info è disponibile a questo link:

http://www.cinemaitaliano.info/film/01978/homevideo/in-purgatorio.html

Recensioni del film:

Anne Feuillère per Cinergie, novembre 2011: “(…) Quel che emerge da In Purgatorio è l’estrema fragilità di ognuno di noi di fronte alla questione dell’esistenza, questa sola e unica verità, nuda e sconvolgente, con la quale il film non ci lascia soli, perché ce la fa condividere. Rari sono i documentari che prendono di petto queste questioni esistenziali senza iscriverle in prospettive societali, ma le restituiscono ai tormenti e alle fragilità di un individuo, della sua solitudine e della sua erranza, e ce le fanno vivere.” http://www.giovannicioni.org/about-my-work/des-vivants-et-des-morts

Laurent Delmas su France Inter: “Incredibile, una parola filosofica ma popolare, spontanea, in situazione, in azioni, che è veramente sconvolgente!Bisogna andare a vedere questo film che è un oggetto cinematografico molto molto stupefacente…”

Vincent Ostria per Les Incorruptibles, febbraio 2012 :  “Viaggio con i morti e i sogni in una Napoli segreta e familiare. Questo documentario frammentario, impressionista e coinvolgente, non vuole dimostrare niente ma respira all’unisono della città di Napoli, dei suoi non detti, dei suoi legami intimi fra vivi e morti”

Olivier Séguret per Libération, febbraio 2012: ” I Napolitani di In Purgatorio costituiscono una troupe umana di una coerenza infallibile: qualcosa in loro pare resistere da millenni alla marcia del mondo e del tempo. Ed è senza dubbio questa forza catturata da In Purgatorio dal nostro presente materialista a pezzi, che sorprende, affascina e infine rende umili.”

Dominique Widerman per L’humanité, febbraio 2012: Giovanni Cioni tiene la cinepresa come una possibilità d’intercessione fra i due mondi e coloro che li popolano. Un medium. Sottovoce, interroga uomini e donne sulle loro credenze o i loro sogni. Tesse l’effimero, l’incertezza, si abbandona agli spostamenti che i loro racconti ispirano.

QUI le recensioni (EN FRANÇAIS) http://www.giovannicioni.org/archives/939 

Simone Pinchiorri per cinemaitaliano.info : http://www.cinemaitaliano.info/news/04139/giovanni-cioni-alla-ricerca-dell-altro-nel.html

Tonino De Pace per Sentieri Selvaggi: http://www.giovannicioni.org/archives/745

Paolo Russo su La Repubblica Firenze:

la repubblica firenze 10_10_12 in purgatorio

Les Cahiers du Cinéma, maggio 2011: http://www.giovannicioni.org/archives/865

Télérama, maggio 2011 :”Giovanni Cioni, cinéaste sémeur de troubles”… http://www.giovannicioni.org/archives/825

NOTE SUL FILM

Il film e ispirato al culto delle anime del purgatorio, a Napoli.Si dice che sono morti abbandonati, senza nome. Si dice che chiamano in sogno, ma appaiono a volte in mezzo alla folla – e qualcuno che ti guarda. Chiedono di essere riconosciute. E allora si adotta un teschio, una delle migliaia di resti nelle cavita della citta. Del culto, praticato fino a pochi anni fa, permangono tracce, usanze, credenze.

Tanti mi chiedevano se credevo al purgatorio, ma quel che mi ha ispirato, a venire a Napoli e iniziare il film, va aldilà della credenza.Il film non è uno sguardo su una realtà, è una ricerca, un’immersione dentro una rappresentazione del mondo, in bilico con l’inesistenza, tra sogno e veglia, ma molto reale. Al teschio adottato e accudito viene dato un nome. In riconoscimento il morto aiuta il devoto attraverso le vicissitudini dell’esistenza. Si riconoscono, l’uno nell’altro, il morto ignoto e colui che lo ha riconosciuto.Se si riconoscono, allora il devoto si sente lui stesso come un ignoto. L’Altro, senza nome, che erra attraverso la citta.

Quest’idea mi ispirava, perchè tocca al rapporto tra ognuno di noi e gli altri, e il mondo, e la propria esistenza. Ognuno di noi è uno degli altri, uno sconosciuto, qualcuno che “deve sapere che è esistito”, come dice Franco, uno dei protagonisti del film.

Il film si immerge in questa interrogazione, diventa un’erranza, attraverso una città che non conoscevo prima. Un’erranza fatta di luoghi – luoghi del culto, la cripta della chiesa di Purgatorio ad arco, il cimitero delle Fontanelle, dove migliaia di teschi sembrano aspettare. Sono morti delle peste del 1652, accatastati in fosse comuni. Un’erranza attraverso i vicoli dei Tribunali, dei Quartieri Spagnoli, di Sanità, di Montesanto. Il Cimitero di Poggioreale, il Limbo dei bambini. Un’erranza di qualcuno che magari è invisibile, non esiste. Un’erranza fatta di volti – le foto dei morti nelle edicole votive, volti nella folla attorno alla stazione di Piazza Garibaldi, e di incontri – devoti, testimoni, che evocano il culto, altri che raccontano sogni, parlano dei morti.

Tribunali

Alcuni sono diventati amici. Come Sergio, che non capiva perche lo volessi in un film sul purgatorio. Lui aveva fatto un film su un borseggiatore amico suo. E voleva farne uno su un gruppo di “ladri”. Ora questi “ladri” stavano a casa sua, come in una Corte dei miracoli, aspettando – in attesa che il film su di loro si faccia. In attesa di sapere se sono esistiti.

(Giovanni Cioni, Luglio 2009)

NOTES SUR LE FILM

Le film s’inspire au culte des ames du purgatoire, à Naples. On dit que ce sont des morts abandonnes, sans nom. On dit qu’ils appellent en reve, mais parfois apparaissent au milieu de la foule – c’est quelqu’un qui te regarde. Ces morts demandent a etre reconnus. Et alors on adopte un crane, un des milliers de restes humains dans les sous-sols de la ville. De ce culte, pratique jusqu’a il y a quelques ans, restent des traces, des usages, des croyances.

Souvent on me demandait si je croyais au purgatoire, mais ce qui m’a inspiré, à venir à Naples et initier ce film, va au-delà de la croyance. Le film n’est pas un regard sur une réalité, c’est une recherche, une immersion dans une représentation du monde, au seuil de l’inexistence, entre rêve et éveil, mais très réel. Au crane adopté et soigné on donne un nom. En reconnaissance le mort aide le dévôt à travers les vicissitudes de l’existence. Ils se reconnaissent, l’un dans l’autre, le mort inconnu et celui qui l’a reconnu. S’ils se reconnaissent c’est aussi que le dévôt se ressent lui-même comme un inconnu. L’Autre, sans nom, qui erre dans la ville.

Cette idée m’inspirait, car elle touche au rapport de chacun avec les autres, avec le monde, et avec sa propre existence. Chacun de nous est l’un des autres, un inconnu, quelqu’un qui “doit savoir qu’il a existé”, comme dit Franco, un des protagonistes du film.

Le film est une immersion dans ce questionnement, une errance, à travers une ville que je ne connaissais pas avant. Une errance faite de lieux – lieux du culte, la crypte de l’Eglise de Purgatorio ad Arco, le cimetière des Fontanelle, une grotte dans le tuf où des milliers de cranes semblent en attente. Ce sont les morts de la peste de 1652, ensevelis alors dans des fosses comunes. Une errance a travers les ruelles de Tribunali, des Quartieri Spagnoli, de Sanita, de Montesanto. Le cimetière de Poggioreale, une ville dans la ville, le jour des morts. Le Limbe des enfants non baptisés, ou morts-nés. C’est une errance de quelqu’un qui est peut-etre invisible, qui n’existe pas. Une errance faite de visages – le regard des photos des morts dans les vitrines sous les statues de Madonne, de Saints, d’Ames du Purgatoire, les visages dans la foule autour de la gare Piazza Garibaldi. Et de rencontres – dévots, témoins, qui evoquent le culte, d’autres qui raccontent des rêves, qui parlent des morts.

Cippo

Certains sont devenus des amis. Comme Sergio, qui ne comprenait pas pourquoi je le voulais dans un film sur le purgatoire. Il avait fait un film sur un pickpocket, ami à lui. Il voulait en faire un sur un groupe de voleurs. Maintenant ces “voleurs” étaient chez lui, comme une véritable Cour des Miracles, en attente – en attente que le film sur eux se fasse.

En attente de savoir s’ils ont existé.

(Giovanni Cioni, Juillet 2009)

(da un’intervista per Vedute Napoletane – settembre 2014):

La parola stessa “documentario” è limitativa al fatto di “documentare” qualcosa che si suppone “reale” e non interroga la natura stessa, i meccanismi stessi di questo che ci viene imposto come “reale” – meccanismi che sono quelli dell’attualità, dei temi da trattare. Questo reale viene imposto come qualcosa di ineluttabile, contro il quale non si può niente – lo si può descrivere, si può denunciare, ma questo meccanismo di descrizione e di denuncia è perfettamente metabolizzato nel reale che viene imposto. Per cui credo che il dovere di chi fa cinema sia di creare un’utopia, di uscire dai luoghi comuni. Io parlo di fare cinema – perché considero che faccio cinema, innanzitutto. In secondo luogo viene il fatto che molti dei miei film sono incontri con luoghi e persone reali, e soprattutto con la loro imprevedibilità. Con il fatto che l’incontro deve sempre portare a conoscere altro e non a trovare conferma di quel che si credeva sapere.
Certo, il luogo comune è rassicurante e per questo si impone facilmente. Ed è rassicurante il luogo comune di quello che è un tema di attualità. Nulla sfugge al luogo comune, tantomeno un immaginario, e una città che produce un immaginario.
Quando ho cominciato il progetto, la sua scrittura, non conoscevo Napoli, conoscevo il suo immaginario. Il soggetto del film non era Napoli – era un film a Napoli, attraverso una ricerca mia, ma non un film su Napoli. A Napoli mi sono confrontato subito con l’immagine di Napoli e ho lottato sistematicamente contro. Forse è il mio istinto di lottare contro la rappresentazione, che mi ha aiutato.
Forse è proprio il fatto di non partire dall’idea di un film “su” Napoli, ma quasi di “inventarmi” una città, una mappa filmica mia della città, basata sui racconti dei sogni.
E di partire da questa mappa, che potrebbe essere il “sogno di una capuzziella”, per perdermi nella città, per viverla in soggettiva. Come se fossi io un’anima del purgatorio. Che torna, da dove?

L’altro “stratagemma” (chiamiamolo così) è quello dell’anacronismo. Se bisogna uscire dai luoghi comuni di cui parlavo, bisogna uscire anche dal “tempo comune” di quello che ci appare attuale. Qualcuno (Musil mi sembra) diceva che il miglior modo di essere contemporaneo è di essere anacronista (tant’è vero che scrisse gli scritti pre postumi…)
Anacronismo concretamente: nel corso delle riprese confrontarsi con una guerra di camorra a Sanità (e le troupe televisive accorse), confrontarsi nel corso del montaggio con la questione della munnezza, con il libro di Saviano poi il film Gomorra e persone che mi dicono “guarda che un film su Napoli l’hanno già fatto…”
(…)
Avevo pensato anche di usare la finzione e in un certo senso c’è finzione nel film – ho pensato la soggettiva come lo sguardo di un’anima in pena che si aggira per la città, ho pensato il film come fosse il sogno di una capuzziella… non mi pongo la domanda di “scegliere” un genere. Il richiamo a modelli narrativi della finzione serve a superare il luogo comune del documentario, ma il documentario serve a superare la prevedibilità della finzione. Per me il cinema documentario, del reale, come lo si voglia definire, è questo cinema che supera l’immaginazione, un cammino dove il sentiero è quello che tracci camminando, per parafrasare Machado, per andare oltre, nella conoscenza, a quello che credevi sapere.