IL MELODRAMMA E IL VISSUTO – UNA VITA DA VIVERE,
Un’Opera dei Tre Soldi, il melodramma di Bertold Brecht musicato da Kurt Weil – come riferimento, oggi.
Nell’idea di sviluppare la forma narrativa della canzone (della canzone che c’era in Per Ulisse, sotto forma di karaoke) c’è l’idea di esplorare la distanza tra vita vissuta e la sua finzione. Un pò come se le storie fossero più grandi della vita (bigger than life), eppure tanto più vere, che sembrano nascere da qualche storia già conosciuta, da qualche film, il Monello di Charlie Chaplin, La Strada di Fellini. Eppure sono successe, succedono, a F., a S. ad altri. Le storie sono più grandi della vita e bisogna attraversarla, questa vita.
Anche se sembra già vissuta, già raccontata, ineluttabile, come se la sola libertà fosse nell’interpretazione e nella verità che esce da questa interpretazione. La verità che esce dal silenzio che sta accanto, prima, dopo, il momento di interpretare.
Nel melodramma siamo e non siamo il personaggio che rappresentiamo e mi interessa questo sfasamento, quasi un’ assenza, un’assenza dietro la maschera giocata, interpretata, magari di se stessi.
Rendere palpabile lo spazio tra quello che siamo, quello che vorremmo essere, quello che siamo per gli altri, quello che gli altri vorrebbero che tu sia. Rendere questo attraverso l’artificio della forma canzone, coreografata, che scaturisca in una scena vissuta, dal vero, documentaristica… o come un contrappunto, un altro spazio. Il cinema per me è la creazione e l’esplorazione di spazi mentali.
Un melodramma e un’epopea. Un’epopea che sia una rivincita.
Un’epopea con una sua logica narrativa inventata, che sia più reale del veridico sembiante…
Un’epopea o la reinvenzione di un mondo
una canzone di Piaceri Proletari, con Pietro Garritano, uno degli interpreti di Per Ulisse: