TERRITORI DEL LUPO

TERRITORI DEL LUPO   (appunti per una serie, 25 giugno 2018)

 


Da più di dieci anni sono tornato a vivere sulle pendici dell’Appennino. Si dice che vivo in mezzo ai lupi. Sarà solo un’espressione. A fianco di casa mia inizia la selva che si protrae fino ai monti della Calvana, al valico di Montecuccoli, Sul liminare della selva arrivano caprioli, cinghiali. Una volta emerse un magnifico cervo. Ogni tanto si sentono i lupi. Uno ne ho visto, di sfuggita. Ogni tanto a qualche pastore dei dintorni sgozzano delle pecore.

Dalla Calvana giungono personaggi che sembrano di un altro tempo. C., pastore calabrese che viveva con la sua donna in un podere isolato tra in monti. In Calabria era sposata, sono fuggiti cinquant’anni fa. Sullla Calvana, in seguito all’esodo rurale del dopoguerra, nei poderi abbandonati sono arrivati pastori sardi. C. ha vissuto con loro, protetto da loro. Tra di loro c’era Farina, Giovanni Farina, presunto responsabile dell’ultimo sequestro famoso in Italia, quello di Soffiantini. Soffiantini fu nascosto in una grotta della Calvana. Gli elicotteri sorvolavano i monti, pattuglie perlustravano la macchia e gli anfratti ma non lo trovarono. Fu liberato dopo il riscatto. Farina rimase nascosto sulla Calvana e non lo ritrovarono, malgrado le battute, gli elicotteri, le perquisizioni. Fu arrestato in Australia. Altri non sono mai stati ritrovati, mi disse C. Lui fini in carcere, forse perché sapeva e non voleva dire niente. Intanto fece famiglia, i suoi figli hanno la mia età.

Con C.  c’era un uomo cupo, selvaggio, S.. Vive da lui, d’inverno, lo aiuta, litigano, poi scompare. Vive nei boschi, verso il passo della Futa. S. è sardo. Anni fa pascolava di fronte a Cnecittà. Dice che Michele Placido lo prese come pastore.

A C., a S. , che mi chiedevano di “essere” in un film, raccontavo che avrei fatto un film con questa mitologia dei banditi della Calvana. Ma C. ha avuto un ictus, e non parla più, o parla poco. Da Curcio ho incontrato altri personaggi: due fratelli argentini in particolare. Calabresi emigrati, tornati qualche anno fa con il passaporto argentino e l’accento gaucho, ottantenni, uno fa il professore di tango, l’altro sembra Noè dopo lo sbarco e ancora ottenebrato dal vino

Da dove vivo si vede la valle, il Mugello, Il lago. Il paese a qualche chilometro, i capannoni della zona industriale, l’autostrada. Le luci dell’outlet.

A Barberino di Mugello, davanti alla coop c’è spesso un uomo, sulla quarantina, barbuto. Porta i carrelli della spesa, chiede spiccioli, parla, spesso da solo – lo chiamano il Profeta. Mi ha detto che canta, come Jim Morrisson. Capisci la sua sensibilità e la sua intelligenza. E beve. Ogni tanto all’aba lo ritrovo in piazza. Ha dormito sotto i portici, prende il bus che lo riporta a casa, al passo della Futa, tra i lupi. Mi hanno raccontato che vive con suo padre. Che aveva un fratello tossico. Ammazzato da suo padre.

Il lupo che ha accompagnato la storia dell’uomo, come l’altro dell’uomo. I lupi erano uomini. Il lupo è l’animale che ha conosciuto la morte per primo. Il lupo insegue il sole che fugge – ed è per questo che il sole gira. Il lupo dei nomadi. Il lupo dei fuggiaschi. Il lupo, l’uomo lupo. Nel lupo c’è sempre un rapporto con il territorio dell’uomo. L’uomo nomade, cacciatore, che impara dal lupo, L’uomo pastore che lo teme, l’uomo contadino, l’uomo urbano – che lo relega nei recessi della fiaba e dell’inconscio, come per non vederlo.

Una serie come forma narrativa in divenire, per esplorare un territorio, le sue vite segrete, il suo essere nel mondo, partendo da una rilettura delle mitologie del lupo, di fiabe e storie arcaiche, di mostri, spiriti, banditi, mitologie (il lupo in particolare, il regolo, il serpente), figure archetipali. Una visione dell’arcaico nel contemporaneo, delle sue identità. In un tempo presente che sembra essere diventato un presente eterno in tempo reale ci sono, stratificati, i tempi dell’uomo, da quando si è insediato in questi territori. Il nostro tempo reale è immerso in questi tempi arcaici.

Sarà come una epopea polifonica, quasi una cosmogonia, in cui la narrazione mitologica si intreccia con il vissuto dei suoi protagonisti attuali, con i luoghi che abitiamo e che possono essere raccontati in maniera estraniata, quasi fantastica – per esempio, come il lupo racconterebbe il proprio territorio invaso da capannoni, zone commerciali, strade, villette.

Il progetto parte dall’idea di lavorare sui territori del lupo. La forma seriale, con episodi brevi di 10 minuti, permette una costellazione di storie, personaggi, temi, attorno ad un tema e ad un luogo. Una costellazione è anche una forma aperta al divenire. Perchè ogni episodio può avere personaggi o momenti che rimandano ad altri episodi, ogni episodio nella sua forma breve si concentra su una visione particolare ma rimane aperto, e questo è la forma breve che lo permette. E attraverso i vari episodi c’è soprattutto la figura arcaica, reincarnata o meno, del lupo e di altri archetipi reali.